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Di ritorno ad Atene dai suoi viaggi Platone faceva scuola nell’Accademia. E questo è un ginnasio fuori le mura, ricco d’alberi, così chiamato a causa di un certo eroe Ecademo.

(Diogene Laerzio, Vite dei filosofi)

L’Accademia di Platone può essere considerata la più famosa e prestigiosa scuola di filosofia di tutta l’epoca antica, non a caso ancora oggi si usa il termine Accademia per indicare le più prestigiose istituzioni culturali del mondo. Dalle fonti che abbiamo a disposizione sappiamo che Platone compì diversi viaggi tra cui vi sono quelli a Siracusa https://www.welcometoitalia.com/wp-content/uploads/2020/12/Teatro_Greco_di_Siracusa.jpg alla corte di Dionisio il vecchio e poi di suo figlio. In particolare durante il suo primo viaggio Platone discusse animatamente con Dionisio https://best5.it/b5/wp-content/uploads/2018/12/La-costruzione-dello-Stato-180x250.jpg, Platone infatti sosteneva contro Dionisio che il governo spettava il più virtuoso e non è il più forte cosicché Dionisio il vecchio accusò Platone di rimbambimento senile e Platone rispose accusandolo di tirannide. Questa discussione irritò così tanto il tiranno di Siracusa che si narra che consegnò Platone a dei pirati affinché lo vendessero nel porto di regina e li anice ride pensatore della scuola socratica di Cirene lo compro per 30 mine, e quando gli amici di Platone si rivolsero a lui per rimborsarlo in cambio della libertà del filosofo egli non accettò e preferì che il denaro fosse impiegato per comprare il piccolo giardino che si trova appunto nel parco dedicato a Academo cosicché Platone potesse istituire la sua scuola. http://camperistas.com/it/wp-content/uploads/2015/01/Akadimia_platonos_44.jpg

A quel tempo l’Accademia era un ginnasio cioè una palestra https://s3.amazonaws.com/cdn-media.teknoring/wp-content/uploads/2013/11/1568_Priene_ginnasio_pianta.jpg in cui i giovani ateniesi si recavano per fare ginnastica, situata in un grande giardino fuori dalle mura di Atene. Le ricerche archeologiche hanno accertato che con nome di Accademia si indicava una vasta zona di proprietà pubblica delimitata da un muro al qui interno vi erano luoghi di culto e un ginnasio il tutto situato a nord ovest del centro della città. Accademia dunque non era di per sé una struttura era piuttosto un’area dove c’era un’antica agorà all’interno quindi della quale Platone in un’area ristretta fece erigere un edificio circondato da colonne dove faceva scuola e gli affianco fece costruire un’altra struttura Dove si ritirò in vecchiaia e dove presumibilmente Platone fu sepolto alla sua morte. https://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/06/0f/01/0d/plato-s-academy-park.jpg

Quando si pensa all’Accademia di Platone non si deve pensare a una scuola nel senso moderno del termine lì non avremmo trovato masse di studenti ma pochi e selezionatissimi aspiranti filosofi e matematici (matematici nel senso di atti ad apprendere come gli allievi di Pitagora)- l'Accademia quindi era più un circolo o seminario culturale che non una scuola come la intendiamo oggi, che accoglieva unicamente allievi soci fra i nobili e i potenti d'ogni parte del mondo di allora. https://i2.wp.com/www.linkiesta.it/wp-content/uploads/2020/02/93d22ae2-b379-4951-a174-65ea2016238c_large.jpg?fit=1200%2C891&ssl=1

Tra gli allievi dell’Accademia troviamo tra i più famosi pensatori e scienziati dell’epoca classica come per esempio Eraclide pontico che per primo ipotizzo il moto della terra, Eudosso di Cnido uno dei più grandi astronomi e matematici dell’antichità, Callippo, Archita signore di Taranto e capo della comunità pitagorica, Speusippo futuro successore di Platone, Filippo di Opunte che forse per primo ammise che la terra poteva ruotare intorno al Sole, Aristotele che per fama è l’unico nel mondo antico a pareggiare con Platone, in tutto poco meno di una trentina di persone tra cui figurano anche due donne le quali tenevano nascoste la loro identità perché ad Atene la donna non era considerata degna di partecipare alla vita politica e tantomeno allo studio della filosofia ma che diversamente Platone accettava anche in virtù della sua stessa filosofia che prevedeva che i governanti che dovevano essere filosofi condividessero il governo della città con le donne così come avveniva per esempio nel governo spartano dove le donne prendevano il posto degli uomini quando questi erano impiegati nella guerra. https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/da/Telemachos_im_Palast_von_Menelaos.jpg/220px-Telemachos_im_Palast_von_Menelaos.jpg

Questi allievi giungevano all’Accademia dopo aver letto i dialoghi di Platone non bisogna immaginare dunque una scuola dove dei ragazzini frequentavano lezioni o abitavano come in un collegio tra una lezione e l’altra, ma un luogo dove persone mature spinte da un interesse genuino verso la ricerca e il sapere si ritrovavano quotidianamente per confrontarsi sotto la guida del maestro Platone sotto gli ombrosi alberi conversando di scienza e filosofia. Di solito era Platone a porre un problema oppure una questione sulla quale uno ad uno i diversi allievi proponevano delle soluzioni questa pratica garantì un ampio sviluppo nel campo delle scienze, della matematica e della filosofia. Abbiamo un famoso mosaico oggi al museo archeologico di Napoli che secondo alcuni studiosi raffigura l’accademia e ci mostra Platone seduto sotto un albero circondato dai suoi discepoli che tengono in mano dei rotoli e discutono con Platone le loro tesi.

https://www.repstatic.it/content/localirep/img/rep/2019/02/18/201349517-eb9bb4fd-7ae2-4760-bd43-d939f6e194a1.jpg

Il pensiero platonico originale è desumibile soprattutto a partire dalle opere del secondo periodo. Originale non vuol dire che i fili del pensiero platonico siano in sé tutti originali: al contrario, Platone subì notevoli influenze, e non disdegnò riprendere molti temi dei predecessori, ammettendolo o meno. Le sue fonti principali sono tre, come vedremo: per primo, Pitagora https://s4.thingpic.com/images/99/4zNZ4T7qisYmdeoEqHAq4GAW.jpeg (mobilita e reincarnazione dell'anima; valore assoluto e non strumentale della matematica; primato dei sapienti; aria misticheggiante nelle sue scuole), poi Parmenide (verità della ragione e inganno dei sensi ), e terzo il maestro Socrate, curiosamente meno evidente degli altri, appunto per la stretta affinità originaria fra i due ( tan to che il protagonista dei dialoghi platonici e sempre Socrate, anche quando il tema e chiaramente estraneo al maestro scomparso ). Anche la scuola medica ippocratica influenzo Platone, sebbene quell'insegnamento non appaia in evidenza (salvo che nella preoccupazione per la salute psico-fisica dei cittadini), data la sua impostazione praticistica e ugualitaria, esattamente all'opposto della visione platonica. E poi, molte altre influenze, magari proprio da personaggi che Platone apertamente criticava, come Omero (e in genere tutti i poeti) da un lato e i Sofisti dall'altro. Ma non c'e dubbio che la caratteristica più evidente del suo pensiero, aristocratico e individualistico, rechi l'impronta più che altro dei primi tre influssi sopra citati. Ad essi si potrebbe aggiungere il modello spartano, soprattutto per l'educazione e le pubbliche istituzioni. https://i2.wp.com/www.storiaromanaebizantina.it/wp-content/uploads/2017/03/Jean-Jacques-Fran%C3%83%C2%A7ois_Le_Barbier_-_A_Spartan_Woman_Giving_a_Shield_to_Her_Son.jpg 

Non e quindi un luogo comune insistere sull'atteggiamento antidemocratico di Platone: era e si sentiva parte di una delle grandi famiglie ateniesi https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/41/Kodros-Schale.png/520px-Kodros-Schale.png, preferì allontanarsi da Atene al momento in cui avveniva una reazione anti-aristocratica per cercare fortuna come riformatore politico presso una discendenza di tiranni, fondo una scuola L'idea che chiunque, attraverso opportuni modi di vita e l'affinamento delle facoltà comuni a tutti gli uomini, potesse giungere alla sapienza, era del tutto estranea a Platone, anzi era da lui negata.

Infatti, nella sua visione di uno stato ideale Platone interpreta il bisogno di rinnovamento di tutte le poleis greche, ma in particolare di Atene dopo il fallimento e la crisi della fine del V sec., e avanza una proposta che tende a ridare all'aristocrazia acculturata tutte le briglie in mano. C'è un brano della sua opera politico-filosofica la Repubblica, in cui Platone descrive con grande lucidità la sua visione.

Platone stabilisce che siamo fin dalla nascita destinati a fare questa o quella attività, a occupare questa o quella posizione economica e civile, corrispondente alla divisione sociale del Lavoro dei componenti della polis, dai governanti ai soldati, l'idea che essi fossero tali perché allevati ed educati in un certo modo, e negata.  Ancor prima della nascita tutti erano stati formati nelle profondi della terra già tali quali poi sono diventati. Questa divisione sociale in tre classi (i governanti plasmati con l'oro, i soldati con l'argento e poi i lavoratori e il popolo con metalli vili) risponde una visione dell'anima in tre componenti: quella razionale, appannaggio dei governanti, quella ardimentosa dei guardiani armati e quella appetitosa del resto dei cittadini. In sostanza la stirpe dei governanti è distinta dal cervello, quella dei guerrieri dal cuore, l'altra dalle viscere. E' chiara la conseguenza di questa distinzione: i governanti devono bene usare dell'ardimento dei guardiani e controllare che gli appetiti dei cittadini comuni non deviino troppo, compromettendo la comunità intera.

Si potrebbe a questo punto pensare che Platone abbia previsto più educazione per le classi inferiori della polis ideale da lui progettata, appunto per compensare la loro prevalenza di desideri materiali, la loro carica di istintualità, diremo oggi. Ma tale compensazione era del tutto estranea al mondo antico, e a Platone in particolare. I lavoratori-artigiani, operai, contadini, mercanti, ecc. - erano destinati a produrre i beni di sostentamento e a provvedere ai commerci (come a Sparta, ne i governanti ne i guardiani armati potevano occuparsi di operazioni commerciali e finanziarie) e non dovevano perdere tempo nell'educazione: per meglio dire, lo Stato non doveva perdere tempo a educare i nati per lavorare. Il problema era di contenere i loro "appetiti", di far si che il loro bisogno di trovare appagamenti materiali si sfogasse nell'attività lavorativa. L'addestramento professionale, la qualificazione ai mestieri e alle professioni era questione che allo Stato non doveva interessare: vi provvedeva la famiglia, la corporazione, o l'ambiente del demos di ciascuno.

D'altra parte, a che sarebbe servita l'educazione per le classi lavoratrici? A distrarle dalle loro occupazioni, a mettergli grilli per la testa, a togliergli in definitiva le soddisfazioni che avrebbero trovato nella loro dimensione naturale: «Gia, sarebbe facile rivestire elegantemente i contadini e coprirli d'oro e lasciarli zappare la terra quando ne avessero voglia, o dire ai vasai: prego sdraiatevi qui tutti in circolo intorno al fuoco, mangiate e bevete, e girate la ruota se e quando vi va. E magari accontentare tutti gli altri alla stessa maniera, per levarsi il gusto di fare felice tutta la città. Ma lasciamo stare, perché se seguissimo un consiglio del genere, il contadino non sarebbe più contadino e il vasaio smetterebbe d'essere vasaio e nessuno farebbe più quello che serve alla. polis».

Quindi i governanti e i guardiani-armati, mantenuti gratuitamente dai produttori, avevano però il diritto-dovere di sorvegliarli e di prevenire ogni turbamento della produzione, educazione compresa. Perché, alla fine, i lavoratori, uscendo illusoriamente dal proprio stato, non avrebbero ottenuto altro che di vivere brevi sogni seguiti da un brusco risveglio.

Tuttavia Platone non pensava, naturalmente, che gli uomini di ogni classe dovessero sviluppare solo la componente di anima tipica della loro condizione. Anzi, l'ideale formativo era che ciascuno vivesse e padroneggiasse i tre livelli (ragione, ardirmento, sensazioni) per dirsi equilibrato.

Però la leadership delle altre due spetta alla ragione, ossia alla facoltà distintiva dei governanti. Un famoso mito platonico contenuto nel Fedro, dice chiaramente che la ragione e ii "pilota dell'anima", l'auriga che governa i due cavalli alati che tirano una biga, uno dei quali, I'ardimentoso, vuole salire verso l'alto per contemplare il cielo della verita eterna (il "mondo delle idee", come presto vedremo), mentre l'altro, gravato dai suoi appetiti materiali, non sa e non vuole volare alto. Ed e un guaio, perche le ali di questi destrieri si irrobustiscono solo elevandosi a contemplare le idee ultraterrene, altrimenti avvizziscono e fanno precipitare biga e compagni. Si capisce allora che tutto e legato all'abilita dell'auriga, che riesca a far volare i cavalli il piu alto possibile, cost come la vita civile e tutta affidata alla fermezza e saggezza dei governanti, non disgiunta da una notevole dose di astuzia (le "menzogne necessarie" di cui si e parlato ). Platone non ha paura di sostenere nella Repubblica che l'anima razionale, tipica dei reggitori, deve con le buone o con le cattive far tacere a un certo punto le pretese delle altre due componenti, e signoreggiare indisturbata. Anche senza leggi? Si, perche la stessa nozione di ragione esclude che essa possa condurre a un comportamento errato o riprovevole. La ragione ha gia incorporata la legge, e rispettarla non costituisce quindi per essa un problema. Ragione = legge = Iiberta: infatti, la ragione e assolutamente giusta in quanto tale e assolutamente libera. Sono le altre componenti individuali e sociali che devono uniformarsi il piu possibile alla ragione; devono insomma il piu possibile farsi guidare e formare dalla casta dominante. Per questo i governanti sono anche detti "demiurghi", ossia "forgiatori" o "salvatori".

Si è parlato spesso dell'ideale comunistico di Platone perché per la frangia superiore costituita dai governanti della polis e dai guardiani-armati, non esiste proprietà privata né problemi economici di sorta: essi sono mantenuti dai lavoratori-produttori e non devono minimamente essere turbati da preoccupazioni pratiche. Queste devono spettare tutte, per i suoi membri e per i "superiori", alla frangia inferiore della società. Perciò i dominanti non hanno nemmeno famiglia: le unioni fra uomo e donna erano decise dai governanti stessi secondo criteri di mantenimento e di miglioramento della stirpe. Tuttavia, era opportuno mascherare queste scelte dietro l'apparenza del sorteggio, così che gli sposi si sentissero maneggiati dal caso anziché dalla strategia razziale.

Di conseguenza, i figli non sarebbero stati allevati dai genitori, nemmeno nella prima infanzia, come avveniva anche a Sparta, ma sarebbero stati subito affidati ad asilinido dello Stato, così che i cittadini non potessero mai sapere con certezza chi avessero messo al mondo, e considerassero tutti i più giovani come figli comuni. Di questi poi, come accennato, saranno educati solo i prodotti idonei delle discendenze migliori, iscrivendo nella classe inferiore i prodotti non ben riusciti. Platone non ha ritegno a precisare che si tratta di norme di selezione ricavate da quelle in uso per i cavalli; a lui interessa il risultato, ossia il miglioramento progressivo della classe dominante e dei suoi protettori armati. Il fine giustifica il mezzo.

Il prelevamento dei neonati poneva allo Stato ideale un problema assolutamente nuovo (anche se numericamente limitato, e bene ripeterlo, alle due classi superiori): l'allevamento per iniziativa pubblica. Finche sono piccoli, i bambini vengono allattati e curati dalle mamme - ma non dalla propria – così che queste svolgano il ruolo di nutrici comunitarie. Poi, dopo i due anni (tanto allora durava l'allattamento ), si cominciava a raccontare favole e a far ascoltare musica, ma specialmente le prime dovevano essere sottoposte a. censura. Il mondo dell'immaginazione era per Platone pericolosissimo fin dalla prima infanzia, per la sua capacità di suggestionare e porre le premesse di una mentalità non razionale, ma passionale. Quando i bambini saranno cresciuti, bisognerà mettere al bando i tradizionali poeti greci, fino ad allora considerati modelli educativi validissimi, Omero ed Esiodo in testa, perché indicano una visione del mondo non vera, giungendo perfino ad attribuire agli dei la colpa del male, mentre la divinità e solo autrice di bene.

 

Compiuti i sette anni, come a Sparta, comincia per i figli e per le figlie di un certo lignaggio l'educazione pubblica, fatta soprattutto di ginnastica e musica. Per "musica" pero si intendeva allora tutto ciò che avesse a che fare con le Muse: dalla musica con gli strumenti del tempo, al canto, alla declamazione dei cori lirici o tragici, alla poesia recitata. Nell'educazione ginnica, tradizionale in tutta l'antica Grecia, Platone tendeva a diminuire quelle che noi chiamiamo attività sportive, per fare maggior spazio all'addestramento premilitare: scherma, corsa con le armi a piedi e a cavallo, marcia di resistenza, tiro con l'arco, esercizi equestri di vario tipo, visti anche come marchio di nobiltà di tutto l'iter formativo (solo i nobili, infatti, erano inquadrati come cavalieri nell'esercito).

La grossa novità era che Platone raccomandava simile processo educativo anche per le donne, seguendo pure qui l'esempio spartano. Nella sua utopia politico-pedagogica il filosofo non vedeva ragioni di principio contrarie a che la donna potesse divenire, a parità di educazione e di selezione, un buon "guardiano" e perfino un buon governante. Naturalmente, essa sarebbe stata esonerata dagli esercizi più pesanti ma non da quelli di destrezza e di stile. Se la donna fa già buona prova nel curare i nostri corpi con l'alimentazione, nella buona organizzazione della vita domestica e nel curare il nostro animo con la musica e la danza, perché dovrebbe essere negata alle attività ginniche e militari? Non è contro natura avviarla a compiti finora riservati agli uomini; semmai e contro natura escluderla a priori, come se non fosse dotata proprio di capacità naturali adatte anche a quei compiti.

Se consideriamo che nell'Atene del tempo la condizione femminile aveva fatto pochi progressi dall'età arcaica, quando la donna era solo una massaia e una sovrintendente alla servitù (se la possedeva), il progetto di Platone, che sogna una parificazione quasi assoluta con l'uomo, appare quanto mai utopistico. Ma per lui il sogno veramente irrealizzabile in linea di principio e in linea di fatto sarebbe stato quello di abolire le differenze sociali ed educative fra le classi. Sono le classi sociali che segnano il destino pedagogico e occupazionale di una persona; che questa poi sia maschio o femmina e secondario, pressoché accidentale. Certo, si potrebbero avere molte donne inadatte a occupazioni che tutti gli uomini svolgono senza difficolta: ma anche il caso opposto. D'altronde, per alcuni lavori maschili non tutti gli uomini sono adatti, mentre un certo numero di donne sarebbero adattissime. Per altri, invece, l'essere uomo o donna può essere indifferente quanto l'essere calvo o capelluto.

Dopo l'asilonido (dai tre ai sei-sette anni), dopo l'insegnamento primario ( dai sette ai dieci anni) e quello secondario (dai dieci ai diciotto circa) Platone avrebbe reso obbligatori due anni di formazione militare, la famosa efebia anch'essa ripresa da Sparta, durante la quale essi dovevano solo fortificare il corpo e il carattere, e giungere al massimo sviluppo dell'anima "ardimentosa", terminato questo periodo interlocutorio, i guardiani-guerrieri potevano prender servizio, per così dire, e solo una minoranza riprendeva gli studi per il corso superiore, che avrebbe formato i filosofi-governanti.

Terminata l'adolescenza, l'ulteriore educazione viene riservata ai candidati governanti, e consiste prevalentemente nella formazione matematica. I guerrieri continueranno ad addestrarsi per conto loro, attuando una specie di "aggiornamento" o di educazione permanente. In questo senso Platone riprende l'impostazione della scienza pitagorica e attribuisce alla disciplina il senso molto ampio di via regina per la conoscenza razionale, come la chiave principale per la comprensione della verità, non apparente ma essenziale, mentale. All'interno della sua Accademia, Platone aveva prescritto un insegnamento che premetteva a tutto la matematica, ossia la sistemazione razionale del vero. In un certo senso, Platone riprendeva gli egizi, che pare usassero la matematica come essenziale mezzo di formazione, ma solo strumentale, in conseguenza dell'uso che ne faceva quel popolo. Per Platone invece essa era mezzo di formazione razionale, come allenamento dell'intuizione spirituale, era lo· strumento che «nutriva le ali dei destrieri volanti». E' bene ricordare che la matematica sotto forma di gioco era già introdotta anche nell'educazione infantile, come appunto pare usassero gli egizi per tutte le età. Ma per Platone la matematica in senso lato era il fondamento dell'educazione intellettuale. Il corso non era breve: durava una decina di anni. E non era finita, perché un'ulteriore selezione li tratteneva agli studi per altri cinque anni, affinandoli nella dialettica, cioè nella discussione e contemplazione della verità razionale pura, del regno delle idee. A trentacinque anni, i pochi sopravvissuti alla selezione, venivano diplomati ma non abilitati, per dirla in termini odierni: per ottenere l'abilitazione, avrebbero dovuto attendere i cinquanta anni di età, ossia altri quindici anni di tirocinio nella vita della polis, apprendendo ad applicare alla direzione politica i frutti della lunghissima formazione.

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